Il nostro viaggio attraverso la storia del Cilento riguarda non solo gli aspetti
sociali politici ed economici, ma presta particolare attenzione all’architettura
e all’urbanistica di queste terre. Attraverso una meticolosa documentazione fotografica
abbiamo testimoniato una ricchezza di elementi architettonici di notevole rilievo,
i numerosi palazzi gentilizi dai bei portali in pietra lavorata, oltre alla pregevole
architettura dei conventi e delle chiese sparse su tutto il territorio. L'architettura
rurale rimane, comunque, uno degli elementi di rilievo culturale nell'ambito del
paesaggio Cilentano.Si tratta di un'espressione nata da una cultura povera, caratterizzata
da una matrice di derivazione agropastorale. I manufatti sono spesso realizzati
con materiali reperiti sul posto (legno, pietra locale, terra, ecc.) e hanno funzione
di abitazioni, stalle, fienili, locali per la trasformazione e la conservazione
dei prodotti, recinti, vecchie neviere (dove anticamente veniva raccolta la neve
per garantire la conservazione delle derrate alimentari), ecc. Le soluzioni tecniche,
in origine, sono essenziali, e al tempo stesso di grande efficienza, funzionali
a consentire l'utilizzo il più possibile efficace di tutte le risorse ambientali.
L'avanzare della modernità ha gradualmente modificato il sistema dell'architettura
rurale, introducendo nel territorio opere progettate con criteri funzionali inadeguati
e utilizzando materiali e impianti ispirati a modelli costruttivi o produttivi industriali
al di fuori di ogni logica ambientale. Questo ha favorito purtroppo un graduale
degrado del paesaggio e della qualità architettonica e urbanistica globale delle
aree agrarie. Nelle aree prossime agli agglomerati urbani, una proliferazione incontrollata
dell'edificazione, a tutto danno dell'agricoltura e del mondo rurale, ha portato
spesso all'inglobamento degli edifici rurali nel tessuto urbano, creando talvolta
ferite profonde nel tessuto fondiario e nell'ambiente. Questa crisi del mondo agricolo
continua tuttora, anche se, negli ultimi anni, l'emergere della necessità dell'adozione
di modelli di sviluppo sostenibile, fa registrare una nuova tendenza alla riscoperta
di metodologie progettuali architettoniche e urbanistiche appropriate. Oggi, nella
pratica progettuale e di restauro, si tende a rivalutare le forme e le funzioni
del sistema dell'architettura rurale tradizionale. Questo non solo attraverso il
restauro dei manufatti storici, di grande valore architettonico, ma anche e soprattutto
attraverso la rivisitazione moderna delle tecniche costruttive del passato. Oggi
anche nel Cilento, come in altre zone del mezzogiorno, sembra di assistere ad una
graduale presa di coscienza rispetto tali problematiche: la cultura progettuale
è tendenzialmente rivolta a rivalutare e ricomprende nelle tipologie costruttive
dell'architettura rurale non solo i fabbricati veri e propri, ma anche manufatti
e piccole strutture presenti nelle aree rurali: recinzioni, cancelli, tettoie, piccoli
ponti, piccole opere idrauliche (briglie, traverse, derivazioni), torrette, ecc.
Ma, per fare questo, è fondamentale consentire e stimolare una sopravvivenza economica
e funzionale che possa ripristinare e valorizzare l'uso dei fabbricati dell'architettura
rurale. Perché questi elementi del paesaggio possano sopravvivere è necessario che
riacquisiscano una funzione nella vita di tutti i giorni, e questo può avvenire
unicamente attraverso “progetti organici”.
Tratto da Antonio Infante “Ricerche storiche su Mercato Cilento”
(…) è doveroso illuminare un angolo del passato dove vecchi arnesi da lavoro, ormai
arruginiti, da decenni riposano, ma che pure meritano una riga da scrivere nel grande
libro della nostra storia. Si tratta di pale di ferro o di legno, di martelli di
legno o di ferro, di zappe e di picconi, di falci per tagliare l'erba o le spine
e di tanti altri che nel corso di questo studio elencheremo. Ognuno di essi serviva
alla mano dell'uomo per plasmare la creta, e modellarla secondo le esigenze del
tempo. L'argilla era ed è abbondante nella vasta zona di Mercato ed è tutt'ora molto
ricercata per le sue specifiche qualità e di modellaggio e di cottura. Essa anticamente
e sino a vari decenni or sono veniva abbondantemente lavorata dai vari artigiani
di Mercato soprattutto per costruire embrici e mattoni. E perchè non sia perduto
niente della sua trasformazione, ne riportiamo le fasi più salienti. L'argilla una
volta estratta dal suolo veniva «sparsa» sull'aia al sole in modo che perdesse l'umidità,
successivamente per renderla più fine e nel contempo più asciutta veniva battuta
su un apposito spazio (creato sempre nell'aia) con mazze di legno nodose. Fatto
questo, la stessa, sempre asciutta, veniva cernita a mano per separarla dalle numerose
pietruzze e dal terriccio non cretoso. Da questo momento iniziava la «terza fase
di lavorazione» detta anche «impasto» della massa argillosa, che posta su uno spazio
ben pulito dell'aia, bagnata gradualmente veniva pigiata dagli artigiani con i piedi
nudi. Detto impasto veniva chiamato «pastone», che una volta reso perfettamente
omogeneo, veniva diviso in porzioni, ognuna di essa strappata a mano, uguale e dello
stesso peso era stesa su una forma di ferro, detta «cancello». Successivamente tagliata
con un pezzo di spago, (questo per determinare i lati e gli spigoli della foglia
argillosa) si faceva scorrere su un'altra forma di legno o di ferro curva, dove
la piccola massa argillosa prendeva facilmente la forma concava dell'embrice. Di
quì si faceva cadere su uno spazio ben pulito su cui era posta ad asciugare. Indi
(ultima fase) la cottura, che consistevanel porre o il mattone o l'embrice in apposite
fornaci, in cui la temperatura prodotta dal fuoco era assai alta. Dopo qualche giorno
il prodotto veniva raccolto dalla fornace e ammassato in una capanna, oppure in
qualche deposito e posto in vendita. (…)