Tratto da:
“CHIESA BARONI E POPOLO NEL CILENTO”
di Pietro Ebner
MERCATO (CILENTO) Frazione di Perdifumo (km. 4). A m. 630 s. m. ab. 210.
Il Ventimiglia crede che l'odierno abitato di Mercato sia sorto dove era prima la
chiesa di S. Maria di Cilento, poi detta (o ricostruita con convento attiguo ?)
Santa Maria dei Martiri, a ricordo, secondo la leggenda, del martirio ivi di alcuni
cristiani. Egli ubica il toponimo S. Maria di Cilento nei confini della proprietà
del cenobio di S. Mango (cioè la via qua itur ad sanctam mariam de cilentu confine
che pergit per planum rocce de la melella iuxta terras ipsius domini guilielmi)
nell'odierno Mercato Cilento. L'identificazione del Ventimiglia, anche se espressa
in forma dubitativa non va trascurata, tenendo presente la profonda conoscenza dei
luoghi che egli aveva, quando la loro fisionomia non era stata ancora alterata dalle
indiscriminate costruzioni. Altrimenti, a mio avviso, il notaio non avrebbe iniziato
così (tenimentum sancti magni incipit a monte de cilentu) la descrizione dei confini
del monastero. Nel sito dove si svolgeva il settimanale mercato di Cilento (forum
sabati) dei documenti angioini, pare che nel 1472 fosse stata costruita la chiesa
e il cenobio di S. Maria dei Martiri dal carmelitano Giovanni de Signo (Il suolo,
dove venne costruito anche un hospitale, era costituito da un giardino, una vigna
e attigui incolti. Era stato donato il 7 agosto 1476 alla chiesa dai fratelli Fulvio
e Bartolomeo Romano di Vatolla). Da un istrumento del 1478, segnalato dal Senatore,
pare invece che gli edifici fossero stati costruiti da Angelo Sambato, sacerdote
titolare della chiesa di S. Maria dell'eremita di S. Mango. Nel 1444 questo sacerdote
avrebbe chiesto al vescovo di Capaccio di volergli concedere di ritirarsi a vita
eremitica sulla vetta del monte Stella, dove era la chiesa di S. Maria, « antiquis
temporibus sancti marchi ». Il vescovo del tempo, Masello Mirto, acconsenti alla
richiesta, corredata dal consenso dell'arciprete di Cilento Cardona. Diffusasi nei
dintorni la fama del santo eremita, vi fu un acorrere di fedeli al santuario sulla
vetta, anche per la bolla del Cardinale Colonna (15 maggio 1447) che concesse larghe
indulgenze ai visitatori. La chiesa di S. Maria dei Martiri, consacrata dal vescovo
di Capaccio (a. 1477), venne poi affidataai carmelitani. Il convento sito sulla
collina fu uno dei più belli per l'amenità del luogo e per la magnificenza dell'edificio,
e il Mazziotti riporta, da documenti fornitigli dal duca de Vargas, che i carmelitani
che vi abitavano accrebbero il convento con le donazioni e le elemosine ricevute.
Tra la seconda metà del 1600 e la prima del 1700,acquistarono il cenobio di S. Maria
dell'Arco di Tempetelle (terre confinanti con i loro territori) e dieci botteghe
esistenti nella piazza di Mercato. Di proprietà del convento erano pure le fosse
dove si raccoglieva la neve (neviere). E' notizia che alcuni banditi nel 1662 avessero
assalito il convento asportandone oggetti e suppellettili. Dopo l'episodio i carmelitani
non riuscirono a riprendere un'efficace cura della cappella della Stella, poi abbandonata
quando il convento fu soppresso in età francese con decreto reale del 1807. L'abitato,
che intanto si era sviluppato (intorno alle mura del convento e nelle vicinanze,
come sostiene anche il Maziotti, si era formato un piccolo casale che ebbe lo stesso
nome della chiesa), fu poi venduto, con Rocca, Rutino e S. Lorenzo (a. 1555), al
magnifico Giovanni Gomez, presidente della Camera Sommaria. Nel 1567 l'abitato era
in possesso di Paolo Bozzuto e poi di altri, finché non fu acquistato dal marchese
Granito. Il Mazziotti attribuisce la scomparsa degli abitanti del villaggio di S.
Maria dei Martiri alla peste del 1656, ipotesi già avanzata dal Ventimiglia. Il
Mazziotti cita un'istanza di alcune università del territorio (a. 1793), dove è
cenno del « mercato senza altre abitazioni. Comunque, nessuna notizia nei censimenti
documenta il terribile morbo del casale.